Neuromarketing: uno sguardo al futuro
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Al giorno d’oggi siamo tutti consumatori, facciamo acquisti per larga parte della nostra vita. E anche per questo siamo bombardati da messaggi pubblicitari di ogni sorta, in qualunque luogo e momento della giornata.
Grazie alle nuove tecnologie, si sono aperte per le aziende le porte del “endless marketing”, ma in questo contesto i brand si devono contendere la mente del consumatore.
L’obiettivo delle aziende è entrare nella nostra memoria a lungo termine, conquistare la nostra loyalty.
Ma perché noi consumatori ricordiamo, scegliamo e diventiamo fedeli a un brand piuttosto che a un altro? Come avvengono i nostri acquisti?
Interessanti risposte ci vengono fornite dal libro Buyology di Martin Linstrom. Linstrom ha speso tre anni e milioni di dollari indagando nel mondo dei consumatori, dei brand e della scienza. Ha scoperto che il futuro del marketing è la comprensione di pensieri, sentimenti, motivazioni, bisogni e desideri dei consumatori.
La maggiore opportunità in tal senso è quella che viene dal neuromarketing, che incrociando scienza e marketing permette di proporre migliori strategie di marketing.
Lindstrom ci mostra nel suo libro quelli che sono i principali meccanismi che sono alla base delle nostre scelte di acquisto, meccanismi che le aziende non possono più ignorare se vogliono avere successo. Vediamoli insieme.
Il potere dei neuroni specchio
Negli ultimi anni ho notato quanto le scarpe Adidas siano diffuse tra i consumatori, sembra che non se ne possa fare a meno.
Ma cosa ci spinge ad acquistare le cose che comprano gli altri? Le regioni del cervello che si attivano quando facciamo un’azione si attivano anche quando vediamo che qualcun altro la compie: quando a esempio vediamo qualcuno sorridere, siamo portati a sorridere anche noi e sentirci felici, oppure se qualcuno ci parla con un accento marcato, automaticamente iniziamo a imitarlo.
E’ questo il meccanismo che si innesca quando vediamo un outfit su un manichino, un abbigliamento che lo fa magari sembrare magro, sexy, rilassato, sicuro. Compriamo quell’outfit sull’onda di queste percezioni generate dall’attivazione dei neuroni specchio, pensando di raggiungere esattamente lo stesso look & feel del manichino.
Questo succede perché i neuroni specchio lavorano in tandem con la dopamina. I nostri livelli di dopamina aumentano anticipando l’acquisto di qualcosa che ci fa sentire bene.
Ma c’è di più, questo complesso sistema nervoso interagisce i maniera tale da determinare la nostra fedeltà all’azienda.
Il potere dei messaggi subliminali
I messaggi subliminali possono essere definiti come messaggi visivi, uditivi o in generale sensoriali che si registrano appena sotto il nostro livello di coscienza. Fin dagli anni 50 sono stati circondati da scetticismo e dubbi. Recentemente due ricercatori hanno studiato quanto questo tipo di messaggi possa influenzare le decisioni che prendiamo. Hanno rilevato che le persone esposte per 16 millisecondi a volti sorridenti erano più di sposte a bere e pagare di più per la loro bevanda rispetto al campione esposto a un volto arrabbiato.
I ricercatori definirono queste come “emozioni inconsce”, mostrando come volti sorridenti spingano le persone a fare più acquisti.
I marcatori somatici influenzano le nostre decisioni
Tutti noi entriamo in un supermercato e ci capita spesso di comprare la crema alla nocciola, siamo circondati da prodotti differenti eppure la effettuiamo la nostra scelta in appena due secondi.
La maggior parte delle persone non sarebbero in grado di dare una spiegazione razionale a questo comportamento.
Uno studio recente ha evidenziato che più del 50% delle decisioni di acquisto è infatti presa spontaneamente e quindi in maniera inconscia, nel punto vendita.
Il razionale dietro queste scelte è stato costruito attraverso associazioni che sperimentiamo nel corso della nostra vita: è il risultato di marcatori somatici che innescano risposte automatiche.
Una riprova di tutto ciò è nello studio di Robert Heath che ha esaminato il successo di un brand inglese di carta igienica nei confronti del suo rivale. La qualità dei prodotti e il costo erano approssimativamente le stesse, la differenza era nella mascotte utilizzata dal primo brand, un cucciolo di labrador. I consumatori lo associavano istintivamente all’idea di creare una famiglia, i cuccioli sono anche collegati all’addestramento alla toilette. Le connessioni tra questi concetti, le associazioni che ne derivavano, portavano il consumatore a preferire una carta igienica piuttosto che un’altra.
I marcatori somatici e le paure
I marcatori somatici possono essere usati in diversi modi, sono infatti associati sia a esperienze positive che negative. Ecco che ci aiutano a vendere prodotti come creme antirughe o diete e abbonamenti alla palestra, per combattere la paura di invecchiare e diventare obesi. Le pubblicità in questo caso tentano di spaventarci convincendoci che il mancato acquisto di un prodotto possa farci sentire meno sicuri, meno felici, meno liberi e meno in controllo delle nostre vite.
L’esempio emblematico dell’uso dei marcatori somatici abbinato alle paure è quello delle campagne elettorali: quanti politici fanno leva proprio sulla forza delle paure nella loro comunicazione, e su quello che possiamo ottenere in termini di protezione eleggendoli?
Le campagne di successo si fanno affidamento su rituali e comfort
Nel veloce mondo di oggi siamo alla costante ricerca di familiarità e stabilità. Su questi due aspetti possono far leva i brand: infatti queste sono forse le due principali motivazioni che ci spingono a diventare fedeli a un marchio. Quando troviamo un brand o un rituale che ci piace, troviamo anche conforto in esso: nel bere lo stesso caffè alla stessa ora, nell’usare lo stesso shampoo o lo stesso smartphone. Questi rituali portano con sé connessioni emozionali che evidentemente ricadono sui brand coinvolti.
Ma c’è di più: i grandi brand sono infatti simili alle religioni: hanno la missione di cambiare in qualche modo il nostro mondo, come le religioni, le aziende di successo hanno un chiaro e forte senso di missione. Hanno spesso anche un nemico, altro tratto che li accomuna alla religione. Un noi vs loro come un Coca Cola vs Pepsi, Apple vs Samsung. Queste strategie, per quanto controverse, aiutano ad attrarre consumatori più fedeli.
Conclusioni ed ulteriori approfondimenti
Da quanto esposto risulta evidente l’importanza dell’applicazione dei principi di neuromarketing in ambito pubblicitario. Pubblicitari e marketers non dovranno più fare affidamento sulla fortuna, le coincidenze e le opportunità: ora che sappiamo che il 90% del comportamento di acquisto dei consumatori è inconscio, possiamo predire esattamente perché un consumatore farà un acquisto. La chiave del successo e del vantaggio competitivo del futuro sarò sempre più negli investimenti che le aziende e le agenzie faranno in ricerche legate al neuromarketing.
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