Il Content Marketing
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Il content marketing viene ormai utilizzato da molti anni e consiste nel creare contenuti che portino ad avere una propria audience e attirare sempre più clienti. Un’efficace strategia di content marketing richiede la creazione di contenuti originali, per poi distribuirli sui canali più adatti.
Chi ne parla più di tutti è Joe Pulizzi, fondatore del CMI (Content Marketing Institute), e ci spiega che per contenuto si intende qualsiasi tipo di informazione in grado di educare, coinvolgere o divertire e ha diverse forme.
Cerchiamo però di entrare più nella parte tecnica per capire quali sono gli obiettivi di questi contenuti:
- Acquisire anzichè spingere: i contenuti devono acquisire il cliente, non devono essere di disturbo per chi li vede.
- Interagire, educare e poi vendere: il marketing tradizionale difficilmente fa capire sin da subito i benefici che il cliente trarrà dall’acquisto di un servizio.
- Pensare e agire come un editore, non come uno che sta facendo pubblicità.
- Real time Marketing: pensare a una strategia di marketing che sia reattiva e che risponda velocemente agli stimoli esterni.
- Risorse aggiuntive a quelle tradizionali: sia persone, sia strumenti sia software.
Possiamo definire 8 tappe fondamentali per creare una strategia di content marketing che ci permetterà di avere dei risultati misurabili e fondamentali per svolgere al meglio le prossime strategie:
- GOAL SETTING: Cosa volete ottenere con questa strategia di content marketing?
Prima di avviare una campagna di content marketing è bene formulare con precisione gli obiettivi, che si possono dividere in due categorie principali.
La prima categoria degli obiettivi è legata alle vendite, dove troviamo la lead generation (lista di potenziali clienti), chiusura delle vendite, cross-selling (vendita di un prodotto aggiuntivo ad un cliente già acquisito), up-selling (venditore invita il cliente ad acquistare articoli più costosi) e sales referral.
La seconda categoria è quella legata al brand, che comprende i seguenti aspetti: brand awareness (conoscenza di marca), brand association (associazioni mentali fatte dai consumatori quando si parla di un brand) e brand loyalty/advocacy (fedeltà al brand).
Secondo il CMI, la maggior parte delle aziende che opera nel B2C da molta più importanza alla brand awareness (conoscenza della marca) e quindi alla fidelizzazione e all’engagement; aziende B2B danno invece importanza alla lead generation (reclutamento di contatti) e quindi alle vendite.
E’ molto importante assicurarsi che tutte le operazioni di content marketing siano ben allineate con i canali di distribuzione, e che sia molto semplice per l’utente arrivare alla fase d’acquisto del prodotto.
2. MAPPATURA DELL’ AUDIENCE: chi sono i vostri clienti? Quali sono i loro desideri?
Una volta definiti gli obiettivi è il momento di selezionare il pubblico al quale ci si vuol rivolgere: il target. Questo ci aiuterà a creare meglio i contenuti che a loro volta contribuiranno alla riuscita dello storytelling, ovvero il racconto del brand o dei suoi prodotti, così da lavorare sull’awareness e percorrere poi tutte le fasi del funnel, fino ad arrivare alle vendite. (Guarda il nostro articolo sul Purchase Funnel)
Il docente di Harvard Douglas Holt consiglia di concentrarsi su determinati argomenti, interessanti per coloro che appartengono a determinate sottoculture e propendono a riunirsi in community distribuendo i contenuti a cui sono interessati.
Studiando queste community si possono trarre idee interessanti per la creazione di contenuti da produrre, utili per la creazione dello storytelling.
Bisogna inoltre tenere in considerazione chi fa parte di queste community, infatti spesso molti movimentisti di queste community sono veri e propri influencer che possono aiutare il brand a condividere i contenuti e aumentare così la sua notorietà. Una volta selezionato il pubblico a cui ci si vuole rivolgere è bene capire quali siano i loro problemi o desideri, cosi da poter creare contenuti ad-hoc.
3. IDEAZIONE E PIANIFICAZIONE DEI CONTENUTI: Qual è il tema dei contenuti? Qual è la loro sequenza per raggiungere gli obiettivi?
Per trovare l’idea giusta e produrre contenuti di qualità bisogna tenere in considerazione due fattori importanti.
Il primo è che i contenuti più performanti sono quelli che i clienti sentono come più vicini ai loro bisogni. L’obiettivo dei contenuti è quello di suscitare curiosità, cosi da ottenere l’attenzione del possibile consumatore. Soddisfandone i bisogni, il brand potrà sperare di entrare nella top of mind (TOM) e spingere gli utenti all’acquisto.
Il secondo punto da tenere sempre in considerazione è che i contenuti devono rispettare e raccontare l’etica e i valori del brand stesso. E’ importante inoltre utilizzare i formati più adatti, possono essere in forma scritta oppure possono assumere una forma visuale.
Il CMI riferisce che l’80% delle aziende B2B usa foto, e-newsletter, articoli su siti web; invece l’80% delle aziende che operano nel B2C usano case study, blog ed eventi nel mondo reale.
Il marketing deve saper sfruttare i diversi formati, Google ha calcolato che il 90% delle interazioni sui media si svolgono su uno schermo solo.
Il content marketing ha una road map e quindi un carattere episodico. E’ più efficace nei primi approcci del viaggio del cliente ma i contenuti è importante che vengano distribuiti in tutto l’arco del viaggio per poter accompagnare il cliente durante tutta la sua fase d’acquisto.
4. CREAZIONE DI CONTENUTI: chi si occupa della creazione dei contenuti?
Arrivati a questo punto, e avendo compreso e lavorato sui punti precedenti, è necessario focalizzarsi sul processo che richiede più tempo e budget in assoluto. La creazione dei contenuti può essere interna a un’azienda, e quindi verrà richiesto a diverse figure (del marketing e non solo) di agire come editori. Indipendentemente da chi o come venga gestito questo processo, si tratterà sempre di un processo continuo, e proprio per questo motivo è necessario assegnarlo a qualcuno che abbia le competenze giuste per poter creare contenuti a lungo termine. Nel caso in cui non ci fosse nessuno con le competenze adatte nella creazione dei contenuti, sarà meglio affidarsi a specialisti esterni.
5. DISTRIBUZIONE DI CONTENUTI: dove volete distribuire i contenuti?
Arrivati a questo punto sarà necessario prestare molta attenzione: se si dovesse commettere un errore nel selezionare le modalità di distribuzione, il nostro contenuto potrebbe non raggiungere il target di riferimento e quindi tutti gli sforzi per aver costruito un contenuto di qualità risulterebbero nulli. I marketer devono essere sicuri che il loro contenuto raggiunga il target. Affinché questo accada, la distribuzione deve avvenire correttamente, ed è possibile farlo attraverso diversi canali media, classificabili in 3 categorie:
- Owned media: i canali di proprietà del brand, come ad esempio i Social;
- Earned media: i canali “guadagnati” dal brand, che ottengono visibilità attraverso il passaparola. Quando la qualità dei contenuti è molto alta gli utenti si sentono spinti a renderli virali attraverso social o community; anche gli influencer possono essere degli earned media molto potenti se citano un brand senza avere un contratto a pagamento con esso.
- Paid media: i canali a pagamento a cui un brand si appoggia per distribuire i propri contenuti. Tra i paid media troviamo sia i media tradizionali (TV, OOH, radio, stampa) che quelli digitali (social, VOL, display, ecc).
L’obiettivo è quello di creare o aumentare l’awareness e cosi il traffico sui propri canali, acquisire nuovi clienti e spingerli poi all’acquisto dei propri prodotti.
6. AMPLIFICAZIONE DEI CONTENUTI: come prevedete di sfruttare i contenuti e interagire con i clienti?
Per avere una buona distribuzione dei contenuti sugli earned media è importante creare un’ottima strategia di amplificazione; per far diventare i contenuti virali bisogna scegliere influencer adatti. Le caratteristiche che devono avere gli influencer che si andranno a selezionare sono: l’avere il giusto pubblico, coincidente con il nostro target di riferimento, interessato al brand; rispecchiare i valori del brand; avere un forte engagement sul nostro target, cosi da riuscire ad aumentare la notorietà e reputazione del brand.
Dopo tutto questo, bisogna ascoltare le conversazioni suscitate dai contenuti e monitorarne il sentiment.
7. VALUTAZIONE DEL CONTENT MARKETING: quando sta avendo successo la vostra campagna?
Arrivati in questa fase, bisogna capire se gli obiettivi strategici e tattici sono stati raggiunti.
Sono aumentate le vendite? Se la risposta è affermativa, allora la missione strategica sarà stata completata.
Per quanto riguarda il punto di vista tattico, bisognerebbe valutare le principali metriche del content marketing. Bisogna misurare le prestazioni dei contenuti lungo le varie fasi del funnel, con l’aiuto di alcuni strumenti di analisi. (Sei interessato a scoprire come? Leggi il nostro articolo “Il funnel e il “messy middle” per avere maggiori informazioni).
Sono 5 le categorie di indicatori che misurano l’efficacia dei contenuti: la visibilità (aware), l’attrattività (appeal), la possibilità di fare ricerche (ask), quella di azione (act) e di condivisione degli stessi (advocate).
Le unità di misura della visibilità (aware) servono a misurare la diffusione dei contenuti e l’awareness prodotta; le più utilizzate sono le impression, i visitatori unici ed il brand recall (la percentuale delle persone che ricorda il nome del brand).
Il criterio dell’attrattività (appeal) misura invece l’interesse creato dal contenuto. Le metriche possibili da utilizzare sono le pagine visitate per utente, il bounce rate (percentuale di persone che abbandona il sito dopo aver visto una sola pagina) ed il tempo trascorso sul sito.
Le unità di misura relative alla ricerca (ask) valutano quanto sia facile scoprire un contenuto con i motori di ricerca, possiamo trovare: il posizionamento e i referral dai motori di ricerca (quante visite vengono fatte dai risultati della ricerca).
Il parametro relativo alle azioni (act) sono uno dei valori più importanti da calcolare. Le metriche più usate sono il click through rate (CTR – rapporto tra numero di click e impression), e altri tassi di conversione di call to action (CTA – percentuale di pubblico che completa certe azioni).
L’ultimo tassello da completare è la quantificazione delle condivisione dei contenuti (advocate), qui le metriche comprendono il tasso di condivisione e l’engagement rate.
8. OTTIMIZZAZIONE DEL CONTENT MARKETING: come migliorare il content marketing esistente?
Il content marketing rispetto al marketing tradizionale ha il vantaggio della facilità di quantificazione dei risultati.
È possibile tenere traccia delle prestazioni in base all’argomento dei contenuti, al formato e al canale di distribuzione di questi. Il calcolo delle prestazioni è utile per analizzare i possibili miglioramenti da fare per le strategie di content marketing e spesso queste strategie richiedono tempo, budget e una certa costanza per esprimere tutto il loro potenziale.
Concludendo, possiamo dire che gli operatori di marketing si stanno spostando dalla pubblicità al content marketing: invece di dare messaggi solo/principalmente sulla proposta di valore, bisogna distribuire dei contenuti che siano utili per i clienti.
Inoltre, per essere efficace il content marketing richiede attività di pre-produzione e post-distribuzione e quindi è necessario completare tutti gli 8 passi per stimolare le conversazioni fra i clienti.
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